Oltre mille morti sul lavoro anche quest’anno. «Ecco cosa va cambiato»

Oltre mille morti sul lavoro anche quest’anno. «Ecco cosa va cambiato»

La ripresa delle attività economiche ha determinato un incremento degli incidenti. Cesare Damiano: «Crescita senza controllo di imprese improvvisate»

La ripartenza delle attività economiche dopo lo stop dovuto alla pandemia si sta accompagnando ad un incremento degli incidenti sul lavoro. Era accaduto alcuni anni fa, nel 2010 e anche allora l’incremento degli infortuni mortali corrispose alla ripresa dell’economia dopo un periodo di crisi profonda tra il 2007 ed il 2008.
In un solo anno, come si evince dai dati contenuti nell’archivio storico dell’Inail, le denunce di incidente mortale sul lavoro passarono dalle 1.032 del 2009 alle 1.464 dell’anno successivo, con un aumento di oltre 400 casi.
Negli anni precedenti avevamo assistito ad una continua, seppur lenta, decrescita passando dai 1.528 del 2001, ai poco più di mille del 2009, unica eccezione del 2006, dove fu registrato un aumento di 64 casi mortali, passando dalle 1.265 vittime denunciate nel 2005 a 1.329.
L’anno successivo, il primo della grande crisi, segnò un calo consistente, da 1.329 a 1.193 casi mortali.
Nonostante siano passati dieci anni, nonostante il progresso e l’avvento delle nuove tecnologie che, dovrebbero in un certo senso, venire incontro al datore di lavoro sul controllo e sulla limitazione degli incidenti sul lavoro, nonostante un decennio di corsi di formazione per l’applicazione del D.Lgs. 81/08, nonostante tutto sta accadendo ancora oggi, con gli oltre mille incidenti mortali (1.017 per l’esattezza) registrati dall’Istituto di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, soltanto nei primi dieci mesi del 2021.
Un dato, avverte l’Inail, fortemente influenzato dalla pandemia da Covid-19 che, nel 2020, ha costretto alla chiusura di tutte le attività produttive non essenziali e al massiccio ricorso allo smart working.
Con la riapertura generalizzata delle attività e il rientro in azienda della maggior parte dei dipendenti, si è registrato un forte incremento degli incidenti soprattutto in itinere (lungo il tragitto casa-lavoro e viceversa). Rispetto ai primi dieci mesi del 2020, tra gennaio e ottobre di quest’anno, quelli mortali sono stati il 14,8% in più, mentre i casi in occasione di lavoro sono stati il 5,2% in meno. Al netto dei contagi da Sars-Cov-2, nei primi dieci mesi del 2021 si osserva un aumento complessivo del 20,6% dei casi mortali, «da monitorare nelle future rilevazioni», avverte l’Inail.
Dietro i numeri e al di là delle fredde statistiche, ci sono i nomi, i volti e le storie dei tanti che sono usciti di casa per andare a lavorare e non vi hanno più fatto ritorno. Ci domandiamo se è possibile che nel 2021 un’operaia di 22 anni, mamma di un bimbo di 5, debba morire stritolata dagli ingranaggi di un orditoio che, hanno appurato le indagini, era stato manomesso per aumentare la produzione. Un aumento cercato per recuperare quanto perso nel periodo di chiusura per la Pandemia.
Non è un caso, infatti, che i due settori più colpiti dall’aumento degli infortuni siano le costruzioni e le piccole e piccolissime imprese (oltre all’agricoltura), dove i controlli sono più difficili anche per la grande diffusione di queste realtà nei territori.
L’imprenditore cerca di recuperare perché non è supportato come dovrebbe da uno Stato che pensa solo a sanzionare ed a limitare senza assumersi le responsabilità delle proprie decisioni, un governo che prima ha imposto la chiusura totale, poi una assurda apertura condizionata ad uno e più dispositivi e procedure a carico del solo imprenditore, non ultima la quarantena imposta PER LEGGE ai lavoratori che sono dei contatti diretti di positivi al Covid-19 a pieno e solo carico delle aziende.
I Tamponi obbligatori per andare a lavorare a carico del lavoratore o dell’azienda ma resi obbligatori dal Governo.
Vi è sicuramente relazione tra ripresa economica e infortuni sul lavoro, è evidente, così come è evidente che vi sia relazione tra incidenti sul lavoro e stato di degrado e di abbandono dello Stato alle imprese durante e successivamente allo stop imposto per la pandemia.
Era dagli anni 60 che non si vedeva questa distanza tra gli Organi dello Stato e le medio piccole imprese, e nemmeno a quell’epoca vi era tanta indifferenza per quanto di importante le imprese stavano facendo per il tessuto sociale di questo Paese.
Oggi si contano 3 morti sul lavoro al giorno. È una tragedia gravissima, di fronte a questa strage quotidiana, la cultura della prevenzione tarda a farsi strada. E ciò nonostante il governo abbia preso l’iniziativa di inasprire le pene per chi non rispetta le leggi sulla sicurezza, assumendo anche 1.100 nuovi ispettori del lavoro.
Nel tempo sono state fatte delle scelte che non hanno evidentemente portato a nessun risultato e la risposta non può essere l’inasprimento di tali scelte poiché si raggiungerà solo un disastro più grande.
Se la cultura della sanzione non ha portato a nulla è inutile inasprire le sanzioni, è sicuramente più produttivo tentare delle nuove strade, intraprendere la cultura della premialità per coloro che fanno le cose perbene.
Inoltre sarà molto utile rimettere mano sugli appalti poiché non possono essere assegnati con il criterio del “massimo ribasso”, i lavori dovranno essere assegnati non sulla base del prezzo minore ma della maggiore qualità, che significa anche più sicurezza.

I numeri​:
1.017 – Denunce di incidente mortale sul lavoro registrate dall’Inail nei primi dieci mesi del 2021 (-1,8%)
448.110 – Denunce di infortunio registrate dall’Istituto tra gennaio e ottobre di quest’anno (+6,3%)
45.395 – Patologie di origine professionale denunciate nei primi dieci mesi dell’anno (+24% sul 2020)

Adriano De Biase