Lavoro tra sicurezza e produttività

Lavoro tra sicurezza e produttività

Svolgimento del saggio breve dell’ambito socio-economico

La discussione potrebbe sicuramente iniziare ponendo l’accento sul primo articolo della Costituzione italiana; in esso si afferma che l’Italia sia fondata sul lavoro; inoltre l’articolo aggiunge che la Repubblica dovrebbe favorire e promuovere le condizioni che rendano effettivo questo diritto; il condizionale non si usa casualmente: “dovrebbe garantire”; ora pensare che tutto vada bene nel mondo lavorativo di un qualsiasi Paese sarebbe senza dubbio utopico; purtroppo però uno studente di scuola superiore che si accinge a terminare i suoi studi dopo la maturità è consapevole che il mondo del lavoro per lui sarà una giungla intricata e piena di pericoli; quindi sembra ovvio che il primo articolo della Costituzione potrebbe apparirgli pirandellianamente grottesco.
Secondo recenti sondaggi gli studenti che frequentano l’università sono consci che la scuola superiori gli abbia insegnato poco o nulla; sono inoltre ben consapevoli che per loro le facoltà universitarie saranno per loro l’unico appiglio del futuro cui si aggrapperanno fino all’ultimo esame. Nasce spontaneo chiedersi perché; è chiaro: il lavoro non inserisce i giovani; se li inserisce li sottopaga e non li valorizza; questo sia dopo la maturità sia dopo la laurea.

Come evidenziato nel rapporto ISFOL del 10 novembre 2007 in Italia si lavora; si è precari per molti, molti anni ma si lavora; inoltre sempre nel rapporto emergeva una discrepanza tra tra la domanda e l’offerta del lavoro e il dato che più di tutti può far riflettere sono le poche possibilità di carriera e l’alta percentuale tra le competenze di cui si è in possesso in contrasto con i reali compiti lavorativi.
È naturale soffermarsi quindi su una naturale conseguenza della mancanza di produttività emersa dai suddetti dati: se i lavori qualificati da titoli di studio sono oggetto di tali e gravi problematiche è chiaro che nei lavori manuali i dati e le reali condizioni lavorative siano ancora più preoccupanti. Nel testo di L. Ricca del 1988 dove si parla della tutela dei lavoratori emergono dati che dovrebbero far riflettere sia i lavoratori e sia soprattutto coloro che dovrebbero tutelarli; nel testo l’autore pur ritenendo che ci volessero migliorie si mostrava possibilista su ulteriori cambiamenti in meglio; ebbene rileggendo tali frasi nel 2008 chiunque si renderebbe conto che ora regni un estremo pessimismo sulle reali condizioni lavorative degli operai italiani.

A tal riguardo dal 15 maggio 2008 in virtù del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 sono vigenti nella legislazione italiana una serie di norme che precedendo addirittura l’arresto fino a 18 mesi e sanzione amministrativa fino a 24 mila euro per il datore di lavoro che non rispetti le norme previste dal nuovo testo in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Ci si potrebbe domandare come si sia potuti arrivare a tale riforma legislativa che per certi versi sembra essere figlia di una serie di problematiche legate al mondo del lavoro; infatti, tale provvedimento è stato reso necessario anche dai tragici eventi ed infortuni occorsi recentemente e frutto di un’ampia convergenza delle forze politiche presenti in parlamento: esso per così dire “ridisegna la materia della salute e sicurezza sul lavoro le cui regole – fino ad oggi contenute in una lunga serie di disposizioni succedutesi nell’arco di quasi sessanta anni – sono state rivisitate e collocate in un’ottica di sistema”.
Tra gli interventi più importanti indichiamo: innanzitutto l’obbligo del datore di lavoro alla formazione nonché l’informazione e addestramento del lavoratore; sanzioni più severe per le imprese che violano le norme in materia di sicurezza; nei casi più gravi di incidenti con feriti o morti con colpa dell’azienda sospensione dell’attività, sanzioni amministrative fino a 1.500.000 euro ed interdizione alla collaborazione con la pubblica amministrazione; responsabilità dell’appaltatore in merito agli incidenti che accadono ai lavoratori delle ditte appaltatrici; estensione delle tutele ai lavoratori flessibili.

Nonostante tale provvedimento il lavoratore italiano deve affrontare ogni giorno problemi legati all’insicurezza nel mondo del lavoro: per quanto se ne dica sui giornali o in televisione, le morti sul lavoro esistono da anni; solo recentemente lo Stato italiano sospinto dall’opinione pubblica se ne sta occupando. È naturale che nel recente impegno pesi senza ombra di dubbio i tragici avvenimenti degli ultimi mesi: su tutti la tragedia avvenuta nello stabilimento industriale della Thyssenkrupp dove morirono degli operai in un rogo spaventoso; molti si chiedono come si possa morire così; gli sembra incredibili che si possa perdere la vita sul posto di lavoro nel 2008 in un Paese civilizzato; eppure la realtà è questa: prendiamo un semplice cantiere; magari ben organizzato e che rispetta le norme sulla sicurezza; ebbene anche in quel caso l’operaio che sale su un ponteggio cadendo rischierebbe la vita e non potrebbe certo a priori rifiutarsi di svolgere il suo lavoro.
In un cantiere edile tutto potrebbe essere pericoloso dalla calce ai macchinari utilizzati, dalla mancanza di mezzi come caschi e scarpe antinfortunistica alla noncuranza degli stessi operai che pur di lavorare sono disposti a rendersi disponibili anche in condizioni lavorative pessime.

Non solo i cantieri: le fabbriche, i grandi impianti industriali; se si potessero fare controlli sui luoghi di lavoro emergerebbero non oche ma migliaia di inadempienze. La speranza è che nei prossimi anni si possano meglio verificare le problematiche nel mondo del lavoro in relazione alla sicurezza e intervenire prontamente; tale misure soprattutto di precauzione garantirebbero infatti una diminuzione sensibile degli incidenti sul posto di lavoro.

Francesco Murmura

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