Fegati per trapianti raffreddati, ma non congelati: così durano oltre 24 ore
In futuro gli organi dei donatori potranno essere conservati in una sorta di animazione sospesa: portati a temperature sotto lo zero senza che congelino, per estendere la loro finestra di disponibilità
Un gruppo di medici dell’Harvard Medical School è riuscito a portare tre fegati umani a temperature al di sotto dello zero, per poi riscaldarli attraverso l’infusione di sangue. Gli organi tenuti in questa sorta di ibernazione provvisoria sono risultati ancora in buono stato dopo 27 ore, quasi un giorno in più rispetto alla normale “resistenza” di un fegato da trapianto fuori dal corpo. Il risultato è stato ottenuto grazie a una tecnica detta di super-raffreddamento, ora descritta su Nature Biotechnology.
UNA CORSA CONTRO IL TEMPO. L’esperimento si inserisce in un filone di ricerche volte ad estendere la vita utile degli organi salvavita. Un fegato umano appena espiantato deve essere conservato fuori dal corpo a una temperatura di 4 °C e trapiantato entro al massimo 12 ore prima che si danneggi irrimediabilmente. Prolungare questa finestra di tempo garantirebbe di gestire meglio trasporti e interventi. In Italia nel 2018 erano 8861 le persone in attesa di un trapianto (in 990 aspettavano un fegato). I tempi medi di attesa per un trapianto di fegato sono di 1,6 anni [dati AIDO].
IN LETARGO. Il super-raffreddamento permette di portare l’organo a una temperatura di -4 °C senza congelarlo. Nei fegati è stata pompata una soluzione capace di abbassare il punto di congelamento, mentre l’aria presente nelle sacche di conservazione veniva rimossa. Queste operazioni hanno permesso di evitare la formazione di cristalli di ghiaccio nei punti di contatto tra aria e liquidi – un fenomeno che avrebbe danneggiato i tessuti in modo definitivo.
Gli organi sono rimasti in uno stato di animazione sospesa che rallenta ogni processo biologico e che ha evitato il deterioramento. Lo stress del “risveglio” e di un eventuale trapianto è stato poi simulato irrorando negli organi sangue umano “caldo”, alla temperatura corporea. La tecnica è stata testata su tre fegati umani resi disponibili per il trapianto ma in condizioni non abbastanza buone per essere donati a un paziente. Lo stesso metodo aveva in precedenza dato buoni risultati sui fegati di ratto, ma quelli umani sono circa 200 volte più grandi, e raffreddarli è molto più complicato.
NUOVE FRONTIERE. Il prossimo passo sarà prolungare la resistenza degli organi super-raffreddati fino a un giorno e mezzo: non essendo congelati, non possono infatti essere tenuti sotto lo zero per un tempo indefinito. La tecnica potrebbe essere testata anche su altri organi da trapianto come cuori e reni (ma non sui polmoni, che sono pieni d’aria). Il freddo non è l’unico metodo per conservare i tessuti dei donatori: anche i sistemi circolatori artificiali hanno dato, di recente, risultati promettenti.